I paesi europei affrontano il tema della conciliazione tra famiglia e lavoro in modo molto diverso: ecco il nostro piccolo viaggio per individuare i modelli migliori e le eccellenze da copiare
Osservando l’Europa dal punto di vista della conciliazione tra vita familiare e lavoro si ha la percezione che esistano due continenti, che affrontano la tematica a due velocità, decisamente diverse. Molti di noi hanno potuto testare la situazione nazionale sulla propria pelle, ma forse ci stupirà sapere che anche in Spagna il sistema delle politiche in favore della famiglia è debole, con carenza di servizi alla prima infanzia e alla famiglia, limitate politiche per incrementare il part time, congedi parentali fruiti prevalentemente dalle madri e una ancora bassa condivisione dei ruoli di cura nella famiglia.
E pure la produttiva Germania non brilla in questo campo: gli interventi pubblici a sostegno delle famiglie sono scarsi ed anzi si ricorre a trattamenti fiscali per sostenere lo strong male breadwinner, incentivi alla presenza maschile sul mercato del lavoro (anche se ora qualcosa inizia a cambiare e le aziende stanno studiando soluzioni ad hoc per i neopapà). Tuttavia per ogni bambino nato nel paese il genitore riceve 180 euro in più al mese in busta paga (il Kindergeld, “denaro del bambino”) e i nidi, oltre ad essere di ottima qualità, non costano molto perché metà spesa viene pagata dal Comune o dallo Stato. Inoltre, sono diffuse le Tagesmutter, persone che accolgono in casa propria, o in una struttura controllata, sette o otto bambini. Da luglio, inoltre, sarà in vigore l’ElterngeldPlus, che prevede per le neomamme e i neopapà un congedo di 24 mesi fino al compimento dell’ottavo anno del figlio.
In Gran Bretagna le cose stanno cambiando negli ultimi anni e una svolta importante è giunta con l’introduzione dello Shared Parental Leave, una nuova politica che entrerà in vigore ad aprile e garantirà pari diritti e opportunità per i genitori: prevede che siano le famiglie a valutare se spetti alla donna o all’uomo chiedere la licenza di maternità o paternità per un periodo massimo di dieci mesi. Restano però scarsi gli investimenti sulle politiche sociali di conciliazione dei tempi, salvo l’investimento sul part time femminile: la famiglia è considerata una sfera privata. I nidi sono pochi, molto costosi e per questo proibitivi, nonostante dai tre anni ci siano dei contributi comunali e statali.
E fin qui siamo nella prima Europa, quella in cui la conciliazione tra vita familiare e lavoro è ancora difficoltosa nonostante gli sforzi recenti, effetto, secondo il Rapporto 2014 dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), della crisi. Poi però c’è una seconda Europa, nella quale la genitorialità è sostenuta da servizi pubblici e dove vi è un alto investimento sui servizi alla prima infanzia: potremmo dire che in questi paesi la conciliazione si “de – familizza”.
La Finlandia è il paese dove mamma e figli stanno meglio in base al 15° rapporto di Save the Children sullo Stato delle madri nel mondo (uno studio effettuato in 178 nazioni), affiancata sul podio da Norvegia e Svezia. In Norvegia infatti, il welfare è davvero come lo raccontano giornali e statistiche sulla qualità della vita di donne e famiglie: oltre ad essere previsti congedi parentali di dodici mesi pienamente retribuiti sia per la madre che per il padre e assegni familiari sullo stipendio (anche per i lavoratori autonomi), ogni neomamma lavoratrice riceve 6 mila euro in più per i bisogni dei primi mesi. Non solo, fino ai diciotto anni di vita del bimbo lo Stato versa duecento euro al mese su un conto corrente aperto dai genitori ed esiste anche un Fondo per le generazioni future, per garantire ai nuovi nati una qualità di vita pari a quella dei genitori. Al rientro dalla maternità la neomamma trova una situazione molto favorevole perché in Norvegia non esistono gli straordinari – alle 17 si è tutti a casa – ed efficienti banche del tempo consentono di gestire i bambini nel modo più consono ai bisogni di tutti.
Una bella sorpresa, infine, è rappresentata dalla Francia, dove vi è un forte investimento nei servizi all’infanzia e alle famiglie, e non a caso si registra un significativo aumento delle nascite: è il paese con uno dei tassi demografici più alti d’Europa, con oltre due figli a donna. Nello specifico, in Francia alla nascita di ogni figlio i genitori ricevono 900 euro per le spese vive e dal 2014 possono ottenere fino a un anno di congedo. Per i primi tre anni di vita del bambino sono previsti 180 euro al mese, oltre a ciò le madri lavoratrici part time ricevono un complemento allo stipendio. In più, c’è la famosa “allocazione familiare”, complemento del reddito per compensare parzialmente il carico finanziario rappresentato da più figli che viene concesso a tutti, indipendentemente dal reddito, a partire dal secondo figlio e fino alla maggiore età, e l’importo aumenta a seconda del numero dei figli. La vera forza è il sistema scuola: per i nidi pubblici l’attesa è lunga, in compenso però le alternative sono molteplici, dalle assistenti materne che tengono 3 o 4 bambini per volta in un appartamento a norma (lo stato rimborsa metà del costo) ai nidi familiari, cioè famiglie che si riuniscono in associazioni e organizzano un asilo in spazi collettivi che affittano, con consistenti sgravi fiscali, fino ai nidi aziendali, che sono molto convenienti per le aziende stesse. Non bastasse, lo Stato francese è attento anche a far combaciare gli orari delle scuole con quelli lavorativi attraverso un diffuso sistema di pre scuola e dopo scuola.
State pensando di cambiare paese? E perché invece non cercare di cambiare le cose,“alla luce dei buoni esempi dei nostri vicini europei?”
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