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Compiti per le vacanze: sì o no?

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I compiti scolastici assegnati durante le vacanze sono spesso motivo di scontro tra scuola e famiglia. C’è chi sostiene che i compiti per le vacanze non abbiano senso, chi invece che siano utili per far fare più esercizio possibile allo studente. Ne abbiamo parlato con una psicoterapeuta.

Compiti per le vacanze: sì o no? Ora che le ferie sono alle porte si riaccende il dibattito che pone su due fronti opposti chi ritiene che i compiti per le vacanze siano necessari, e chi invece li ritiene non adatti e dannosi per un periodo dell’anno in cui ci si dovrebbe riposare dal lavoro di mesi e mesi sui banchi di scuola. Perché, se è vero che già la frase in sé contiene un ossimoro – “compiti per le vacanze”- è pur vero che c’è chi sostiene che l’idea che per tutta l’estate non si faccia niente sia assurda. A tenere viva la discussione il dibattito è stata anche la lettera, diventata virale, che l’anno scorso un papà varesino scrisse agli insegnanti del figlio, sostenendo di aver deciso di non far svolgere al ragazzino i compiti per le vacanze. Abbiamo chiesto il parere dell’esperto e ci siamo confrontati con Marta Galluzzi, psicoterapeuta con specializzazione sulla genitorialità bambini e adolescenti.

Un esame di coscienza per i genitori

Prima di tutto io farei una premessa: chi l’ha detto che debbano essere i genitori a valutare l’utilità o inutilità dei compiti?, esordisce la dottoressa, invocando come prima cosa una sorta di esame di coscienza da parte dei genitori. E puntualizza: Mi riferisco alle famose lettere uscite su Facebook in cui alcuni genitori si dipingevano come salvatori dei figli dai compiti inutili. Beh! Concordo sul fatto che i genitori siano i primi educatori e che abbiano il diritto di esprimere la propria opinione su tutto ciò che riguarda i figli, ma è anche vero che decidono consapevolmente di iscrivere i figli a scuola, riconoscendo agli insegnanti delle valide competenze e formalizzando anche la fiducia che ripongono in loro. Di conseguenza, mi domando se questa avversione verso i compiti sia più che altro dovuta alla difficoltà che spesso i genitori incontrano nel far svolgere ai figli i compiti a casa. Sono contrari al compito, lo trovano inutile oppure semplicemente faticoso?.

Perché gli insegnanti danno i compiti per le vacanze

I motivi per cui gli insegnanti assegnano i compiti sono molteplici: dal desiderio di responsabilizzare i loro studenti, allo stimolarli ad una maggiore autonomia, dal consolidamento delle nozioni apprese per alcuni al loro recupero per altri. La posizione del genitore – sottolinea la psicoterapeuta – forse dovrebbe essere quella di ascolto e confronto attivo, ponendo delle domande agli insegnanti in modo da comprendere meglio il senso del “compito“ e saperlo quindi trasmettere anche al figlio, in un’ottica di collaborazione e scambio tra scuola e famiglia. Spesso i compiti diventano un “tiro alla fune“ tra genitori e figli ed è questo il vero problema dei compiti. I genitori, sempre più inglobati in una routine frenetica fatta di mille impegni lavorativi e famigliari, vivono il compito come un ulteriore problema da risolvere, dimenticando che il compito è assegnato al figlio e non al genitore. Per quanto il genitore debba essere disponibile nell’aiutare il figlio, è necessario sottolineare che è il bambino a dover imparare – aggiunge la Galluzzi -. L’adulto non deve sostituirsi al bambino o trovare per lui le soluzioni, dovrebbe piuttosto trovare delle strategie per aiutare il figlio ad appassionarsi a ciò che sta apprendendo, e chi meglio degli insegnanti può aiutarlo in questo?. La fine dell’anno scolastico è scandito anche da riunioni tra genitori e insegnanti in vista della consegna delle pagelle, perché non utilizzare questi momenti per confrontarsi su questi compiti delle vacanze?

Insegnanti e genitori devono fare squadra

I bambini sono esploratori, ogni esperienza è per loro stimolante ed arricchente. Perché – sostiene ancora la psicoterapeuta – non rendere i cosiddetti “compiti“ maggiormente personalizzati? Si potrebbe partire dai luoghi di vacanza o dalle attività che ciascun bambino svolge durante il periodo estivo per raccogliere esperienze diverse e arricchenti per tutta la classe: i bambini potrebbero catalogare e raccogliere ciò che hanno avuto modo di osservare durante le gite in montagna; fotografare monumenti visitati in altre città; tenere un diario delle loro avventure estive esercitandosi così nella scrittura. Sarebbe bello che oltre alle classiche schede assegnate, si pensassero ad altri strumenti più concreti, variegati e divertenti perché apprendere è divertente. Se dimentichiamo questo non possiamo pensare di aiutare i bambini a portare nell’età adulta la loro meravigliosa curiosità e predisposizione naturale all’apprendere da tutto ciò che li circonda. La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere, diceva Plutarco, ed è quello che insegnanti e genitori dovrebbero porsi come obiettivo. Secondo la dottoressa Galluzzi, in conclusione, i compiti devono essere visti come un’opportunità, ed in quest’ottica non sarà importante la quantità ma la qualità: non ci sarà l’obiettivo di arrivare alla fine del libro ma di tornare a settembre con il desiderio di condividere tante novità. Questo richiede fatica e impegno, forse non tanto ai bambini ma soprattutto a genitori e insegnanti che dovranno mettersi al loro livello, e innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti e delle loro capacità. Ricordiamoci infine delle parole di Maria Montessori: Mai aiutare un bambino mentre sta svolgendo un compito nel quale sente di poter avere successo.

Maila Nuccilli

Maila Nuccilli

Giornalista pubblicista, fin da bambina affascinata del mondo dei mass media (tv, cinema, e giornalismo) e da sempre appassionata di comunicazione, campo nel quale lavora da oltre 15 anni. Ha iniziato a collaborare con Kid Pass dagli esordi. Attualmente, seguendo la sua passione per il cinema, cura in particolare la sezione sui film e le serie TV dedicate a bambini e ragazzi, oltre ad altri temi e consigli utili ai genitori.

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