Lo smart working per la mamma lavoratrice, come si fa?
Come lavorare in smart working? Quali sono i vantaggi e le condizioni? Ce lo spiega l'Avvocato specializzato in conciliazione famiglia e lavoro.
La nostra guida sul lavoro agile per gestire al meglio lavoro e figli grazie allo smart working, attraverso consigli, esperienze e orientamento nella normativa.
Come lavorare in smart working? Quali sono i vantaggi e le condizioni? Ce lo spiega l'Avvocato specializzato in conciliazione famiglia e lavoro.
Torna l'appuntamento della Settimana del lavoro agile in Veneto in programma dal 27 al 31 maggio 2019. L'obiettivo dell'iniziativa, supportata dalla Regione del Veneto, è sensibilizzare sempre più lavoratori e lavoratrici sul tema della conciliazione tra qualità...
Abbiamo approfondito il tema dello smart working con la rubrica “un anno di lavoro agile”, ricca di interviste e ricerche. Rifacciamo il punto sullo stato dell’arte in Italia e vi segnaliamo alcune opportunità da cogliere.
Siamo giunti al termine di questo percorso che per un anno ci ha portato ad approfondire il lavoro agile: come funziona, quali sono i vantaggi e quali le criticità. A un anno dall'entrata in vigore della legge che lo promuove in Italia, possiamo dire che non molto è cambiato se stiamo sui numeri. Invece, sono aumentate la sensibilità, la curiosità e la ricerca di informazioni. Un'occasione sarà la prossima Settimana del lavoro agile, in programma dal 21 al 25 maggio, con programmi specifici a Milano e in Veneto.
A Safilo lo smart working è arrivato due anni fa, con un semplice accordo integrativo. Giada Sivori, che nella multinazionale dell'occhiale lavora come HR manager per i mercati emergenti, lo vive sia da lavoratrice che nella gestione delle risorse umane: «Io un giorno alla settimana risparmio due ore di auto. Mentre noi HR lo usiamo come biglietto da visita per attrarre talenti».
Sette italiani su 10 vedono lo smart working come un'opportunità per lavorare bene e meglio. È questo il dato più rilevante che emerge dall'indagine condotta da OnePoll per Citrix, multinazionale IT di soluzioni per aziende, che ha replicato la ricerca in diversi paesi dove ha sede, fra cui il nostro.
Abbiamo già incontrato con Elisa Sisto la realtà di MOCA Interactive di Treviso, che ha introdotto da circa due anni lo smart working, rispondendo a una richiesta dei dipendenti. Abbiamo perciò colto l'opportunità di avere il punto di vista anche di un datore di lavoro. Marco Ziero, uno dei titolari di MOCA, sintetizza così la filosofia alla base di questa scelta: «Io mi voglio sganciare dalla 'condizione fisica'. I nostri clienti ci pagano il tempo che impieghiamo a dare loro il servizio richiesto. Non dove lo facciamo».
Moca Interactive è un'agenzia di web marketing di Treviso e fa parte di quelle aziende piccole ma non piccolissime (una ventina di dipendenti) che hanno deciso di puntare sullo smart working. 'Cavie' sono due dipendenti: una è Elisa Sisto, 35 anni, Ceo strategist. Smart worker da un anno, Elisa lavora due giorni a settimana da casa sua a Sacile, che dista da Treviso 45 chilometri e 40 minuti: i calcoli di tempo di vita e di carburante risparmiati son presto fatti. Elisa è anche una neomamma: l'inizio della sua avventura come lavoratrice agile è coinciso con il suo rientro dalla maternità. Ecco la sua esperienza.
È chiaro che aziende più strutturate hanno più possibilità di sperimentare sia modalità alternative nell’organizzazione del lavoro, sia opportunità di welfare interno. Per quanto riguarda lo smart working, lo confermano le indagini che abbiamo consultato in questi mesi, a partire dai report del Politecnico di Milano del 2016 e del 2017: le grandi aziende fanno quasi a gara per introdurlo, le Pmi si dimostrano ancora un po’ scettiche.
Un sondaggio globale su oltre 25mila lavoratori identifica nella flessibilità il requisito primario per lavoratori più produttivi e, di conseguenza, aziende più competitive. Lo ha commissionato Polycom, azienda statunitense leader nella fornitura di soluzioni tecnologiche per garantire la comunicazione e la collaborazione interne alle aziende. Anche se promossa da una realtà privata, questa indagine ha prodotto risultati molto interessanti per la serie di approfondimenti che stiamo conducendo sullo smart working. Il dato più emblematico è che il 98% degli intervistati afferma che lavorare in remoto ha un impatto positivo sulla produttività.
La buona notizia è che lo smart working in Italia cresce. La cattiva notizia è che il 47% delle Piccole e medie imprese sono disinteressate, quando non informate, a sperimentarlo. Ed essendo le Pmi lo scheletro del settore produttivo del Paese, questo è un dato da non sottovalutare. È tuttavia ottimista l'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, autore dell'annuale indagine sulla diffusione del lavoro agile divulgata l'11 ottobre: complice la legge approvata in primavera, la direttiva specifica per la Pubblica amministrazione emanata poco dopo e, in generale, una maggiore informazione e voglia di sperimentazione, nel 2017 gli smart worker in Italia sono l'8% dei lavoratori subordinati, pari a 305mila unità. Un incoraggiante +3% rispetto allo scorso anno.
«I colleghi mi chiamano 'l'eterna viaggiatrice', perché ho sempre con me un trolley con i fascicoli che devo esaminare», dice ridendo Antonella Balì, smart worker da 4 anni nell'ufficio Previdenza e stipendi della scuola a carattere statale della Provincia autonoma di Trento. Antonella è una dei 51 lavoratori agili del progetto TelePat, l'iniziativa pluripremiata - di cui abbiamo già parlato - che consente a oltre 400 dipendenti dell'ente pubblico di svolgere il proprio impiego in forme alternative alla presenza fissa in ufficio. Le abbiamo chiesto com'è essere una smart worker.
Come lavorare in smart working? Quali sono i vantaggi e le condizioni? Ce lo spiega l'Avvocato specializzato in conciliazione famiglia e lavoro.
Torna l'appuntamento della Settimana del lavoro agile in Veneto in programma dal 27 al 31 maggio 2019. L'obiettivo dell'iniziativa, supportata dalla Regione del Veneto, è sensibilizzare sempre più lavoratori e lavoratrici sul tema della conciliazione tra qualità...
Abbiamo approfondito il tema dello smart working con la rubrica “un anno di lavoro agile”, ricca di interviste e ricerche. Rifacciamo il punto sullo stato dell’arte in Italia e vi segnaliamo alcune opportunità da cogliere.
Siamo giunti al termine di questo percorso che per un anno ci ha portato ad approfondire il lavoro agile: come funziona, quali sono i vantaggi e quali le criticità. A un anno dall'entrata in vigore della legge che lo promuove in Italia, possiamo dire che non molto è cambiato se stiamo sui numeri. Invece, sono aumentate la sensibilità, la curiosità e la ricerca di informazioni. Un'occasione sarà la prossima Settimana del lavoro agile, in programma dal 21 al 25 maggio, con programmi specifici a Milano e in Veneto.
A Safilo lo smart working è arrivato due anni fa, con un semplice accordo integrativo. Giada Sivori, che nella multinazionale dell'occhiale lavora come HR manager per i mercati emergenti, lo vive sia da lavoratrice che nella gestione delle risorse umane: «Io un giorno alla settimana risparmio due ore di auto. Mentre noi HR lo usiamo come biglietto da visita per attrarre talenti».
Sette italiani su 10 vedono lo smart working come un'opportunità per lavorare bene e meglio. È questo il dato più rilevante che emerge dall'indagine condotta da OnePoll per Citrix, multinazionale IT di soluzioni per aziende, che ha replicato la ricerca in diversi paesi dove ha sede, fra cui il nostro.
Abbiamo già incontrato con Elisa Sisto la realtà di MOCA Interactive di Treviso, che ha introdotto da circa due anni lo smart working, rispondendo a una richiesta dei dipendenti. Abbiamo perciò colto l'opportunità di avere il punto di vista anche di un datore di lavoro. Marco Ziero, uno dei titolari di MOCA, sintetizza così la filosofia alla base di questa scelta: «Io mi voglio sganciare dalla 'condizione fisica'. I nostri clienti ci pagano il tempo che impieghiamo a dare loro il servizio richiesto. Non dove lo facciamo».
Moca Interactive è un'agenzia di web marketing di Treviso e fa parte di quelle aziende piccole ma non piccolissime (una ventina di dipendenti) che hanno deciso di puntare sullo smart working. 'Cavie' sono due dipendenti: una è Elisa Sisto, 35 anni, Ceo strategist. Smart worker da un anno, Elisa lavora due giorni a settimana da casa sua a Sacile, che dista da Treviso 45 chilometri e 40 minuti: i calcoli di tempo di vita e di carburante risparmiati son presto fatti. Elisa è anche una neomamma: l'inizio della sua avventura come lavoratrice agile è coinciso con il suo rientro dalla maternità. Ecco la sua esperienza.
È chiaro che aziende più strutturate hanno più possibilità di sperimentare sia modalità alternative nell’organizzazione del lavoro, sia opportunità di welfare interno. Per quanto riguarda lo smart working, lo confermano le indagini che abbiamo consultato in questi mesi, a partire dai report del Politecnico di Milano del 2016 e del 2017: le grandi aziende fanno quasi a gara per introdurlo, le Pmi si dimostrano ancora un po’ scettiche.
Un sondaggio globale su oltre 25mila lavoratori identifica nella flessibilità il requisito primario per lavoratori più produttivi e, di conseguenza, aziende più competitive. Lo ha commissionato Polycom, azienda statunitense leader nella fornitura di soluzioni tecnologiche per garantire la comunicazione e la collaborazione interne alle aziende. Anche se promossa da una realtà privata, questa indagine ha prodotto risultati molto interessanti per la serie di approfondimenti che stiamo conducendo sullo smart working. Il dato più emblematico è che il 98% degli intervistati afferma che lavorare in remoto ha un impatto positivo sulla produttività.
La buona notizia è che lo smart working in Italia cresce. La cattiva notizia è che il 47% delle Piccole e medie imprese sono disinteressate, quando non informate, a sperimentarlo. Ed essendo le Pmi lo scheletro del settore produttivo del Paese, questo è un dato da non sottovalutare. È tuttavia ottimista l'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, autore dell'annuale indagine sulla diffusione del lavoro agile divulgata l'11 ottobre: complice la legge approvata in primavera, la direttiva specifica per la Pubblica amministrazione emanata poco dopo e, in generale, una maggiore informazione e voglia di sperimentazione, nel 2017 gli smart worker in Italia sono l'8% dei lavoratori subordinati, pari a 305mila unità. Un incoraggiante +3% rispetto allo scorso anno.
«I colleghi mi chiamano 'l'eterna viaggiatrice', perché ho sempre con me un trolley con i fascicoli che devo esaminare», dice ridendo Antonella Balì, smart worker da 4 anni nell'ufficio Previdenza e stipendi della scuola a carattere statale della Provincia autonoma di Trento. Antonella è una dei 51 lavoratori agili del progetto TelePat, l'iniziativa pluripremiata - di cui abbiamo già parlato - che consente a oltre 400 dipendenti dell'ente pubblico di svolgere il proprio impiego in forme alternative alla presenza fissa in ufficio. Le abbiamo chiesto com'è essere una smart worker.
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