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Il primo disegno di un bambino non si scorda mai

da Piccoli artisti

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La nascita del disegno infantile

Ho una fotografia, di quelle che puoi rivedere ogni volta che chiudi gli occhi e sorridere. Ricordo benissimo il momento in cui il mio cuore l’ha scattata, per tanti motivi. Era un caldo pomeriggio di giugno, gli scuri socchiusi di casa ci proteggevano dal sole invadente e dal calore, donandoci una luce intima e segreta. Nell’aria c’era euforia, da lì a qualche giorno avrei annunciato alla famiglia il ritorno con il nuovo anno della cicogna. Seduta al tavolo della cucina disegnavo, e la mia bimba mi sedeva accanto nel seggiolone canticchiando allegramente. Come sempre mi osservava. Per la curiosità di entrambe ho avvicinato carta e matite alle sue manine, e in breve tempo eravamo davanti al suo primo capolavoro di arte infantile: uno scarabocchio. Ero stupita nel vedere dapprima la sua insicurezza, con la matita appena appoggiata lasciare sul foglio delle piccole tracce che s’interrompevano e riprendevano, e poi con coraggio e naturalezza, rafforzare il movimento come se le fosse la cosa più semplice da fare, come se avesse già vissuto questo momento un’infinità di altre volte. Lei era entusiasta. Io emozionata.

Ho lasciato la mia piccola pittrice con il papà e mi sono allontanata (credo non più di cinque minuti…) e al mio ritorno, il suo disegno era stato ben bene mangiucchiato e “ciucciacchiato”. Il messaggio era chiaro: era ora di fare uno spuntino!… e mamma, in futuro cerca di memorizzare: mai abbandonare insieme bimba-carta-papà.

Con grande rammarico perciò non l’ho conservato, ma trovo spesso l’occasione per raccontarglielo e (figuriamoci se gliela faccio passare liscia) per brontolare contro papà.

Come per la mia bimba (magari con epiloghi più felici), possiamo dire che, la prima espressione grafica del bambino avviene quasi per caso, nel susseguirsi di scoperte che accompagnano la crescita del bambino nei primi mesi di vita. Un nuovo suono, una carta da accartocciare, un cucchiaino da battere, la mamma che fa cucù e scompare e per magia ricompare, il papà pazzerello che ti fa ridere, il naso della nonna che si avvicina sempre di più, imparare a puntare i piedi (anche in senso caratteriale) a terra, l’acqua da versare, le pappette che cambiano colore ogni giorno, …e se sei un bambino fortunato ?!?!? si aggiunge qualcosa di sbrodoloso da pasticciare sul seggiolone…o almeno qualche briciolina da sparpagliare con fantasia. Poi all’improvviso, ecco arrivare tra le tue manine una matita per scarabocchiare. Un legnetto dalla punta colorata, non importa quale sia il colore, avvicinato da mamma o da papà, o sgraffignato di nascosto con il quale ti senti più o meno autorizzato ad esprimere la tua presenza. Esulti. Evviva, inizia un nuovo gioco!

In questa primissima fase, non c’è per il bambino nessuna intenzionalità rappresentativa. A livello intellettivo, e nemmeno a livello motorio, vi è lo sviluppo necessario al compimento di un segno con fine rappresentativo. Non per questo però, l’attività grafica rimane fine a se stessa ma diventa un gioco personale del bambino che rimane affascinato dalle sue capacità e desidera riprodurre di nuovo…e poi di nuovo… il movimento. In un primo momento è incapace di ripetere il gesto, ci può sembrare titubante e insicuro ma passati questi momenti d’incertezza inizierà per lui il piacere della scoperta. “Questo – penserà colmo di orgoglio e di gioia – l’ho fatto io!”.

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Al principio, insomma, c’è l’incontro fortuito di un gesto con una superficie che lo registra, “è all’inizio un evento cinetico che provoca piacere motorio e visivo, un’espressione dei movimenti della mano e del braccio sostenuti da un’attività globale di tutto o parte del corpo in cui non interviene altro fattore intellettivo se non l’intenzione di lasciare una traccia” (A. Oliviero Ferraris, 1978). Che detta in questi termini sembra un’azione del tutto innocente ed innocua.

Sono scarabocchio e non un pastrocchio

Custodisco tanti altri scarabocchi di quel periodo…anche se devo dire che la produzione artistica di una bambina di nove mesi è stata davvero intensa ed eclettica. La seguivo passo passo in tutte le sue opere, come un allievo segue il genio creativo del maestro. Ci dedicavamo molto alla pittura a muro (io nella pulizia), alle impronte nelle minestre e poi nei vestiti (io nella pulizia) alla composizione di mandala con le verdure e la pastina (io nella pulizia), nel gorgheggio con e senza acqua in bocca (io nella pulizia…). Era un vero e proprio mondo d’espressioni…ma non vi dico le mie.

Quello che spesso è visto con desinenza negativa, “hai fatto uno scarabocchio, hai fatto un pastrocchio”, è in verità una vera e propria ricerca di comunicazione da parte del bambino. Egli utilizza tutte le “armi” in suo possesso per scoprire gli effetti che produce nel mondo con i suoi gesti. Più nel fare, il bambino sente di esprimere un suo doppio, un qualcosa che si stacca da lui e lo continua, più l’adulto “disarmato” e incapace di trovare lo stesso entusiasmo, cerca di bloccarlo. Effettivamente, cosa accadrebbe se si lasciasse che la sua fantasia creativa si sviluppasse in piena libertà? Se come supporto avesse una matita, tenderebbe ad allargare sempre di più il segno. I movimenti, ancora legati allo sviluppo motorio, potrebbero iniziare ad ampliarsi tanto quanto l’arco prodotto dal braccio variando la direzione a seconda della mano utilizzata. Ma non mettiamo limiti all’estro! Siamo nella fase in cui la componente del pasticciare e del sporcarsi è incontrollabile…ed irresistibile. Perciò davanti alla creazione di una macchia di colore subentra nel bambino il gusto per lo sguazzarci dentro, quasi ci si potesse immergere…e allora gettiamoci in uno scarabocchio sfrenato e vai con la fantasia!

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Ricordo un giorno quando papà tornato a casa da lavoro, si è trovato dinanzi ad un’altra opera del genio creativo di mia figlia. La colonna della scala, color grigio antracite, era stata valorizzata da eleganti scarabocchi bianchi…Io sapevo che erano fatti con una saponetta, perciò pulendo (indovinate chi??) sarebbero scomparsi, ma lui no. Sublime! In quel caso, mi sarebbe piaciuto avere nell’immediato la classica macchina fotografica per immortalare la sua faccia, segnata da una gamma di espressioni che andavano dall’incredulità allo sconforto, passando per lo svenimento. A nulla è servito spiegargli che tutti i bambini sono sedotti dalle tracce lasciate dai loro gesti. Che si entusiasmano dei loro movimenti in grado di produrre un cambiamento nel mondo circostante, e che dovremmo gioirne insieme! Per calmare gli animi, se vi fosse rimasto il dubbio…ho pulito via io le tracce.

 

La traccia sonora e il cicaleccio grafico (la traccia nel disegno infantile)

Sappiamo che il bambino sin dai primi giorni di vita osserva la realtà che lo circonda e sin dall’inizio della manipolazione degli oggetti, che ha origine circa a tre mesi d’età, per il bambino è tutto un susseguirsi d’esperienze molto importanti per la sua vita intellettiva ed emotiva. A pochi mesi d’età il bambino si accorge che alcuni oggetti, lanciati o trascinati producono dei suoni. Il secondo semestre della sua esistenza il bambino si diverte con gli effetti vocali provocati dalla messa in moto della sua muscolatura laringea e dal processo di fonazione, e si rende conto che un certo impegno a carico dell’apparato respiratorio origina una traccia sonora che egli è in grado di udire e che è percepita anche dagli altri. Non senza sforzi e con grande emozione, il piccolo impara così a emettere suoni al fine di riceverne. Il successo lo incoraggia a ripetere l’esperienza che è già piacevole in sé, ma che lo diventa maggiormente per gli effetti che produce nelle persone che lo circondano. E’ il modo più soddisfacente a quell’età di interagire sulla realtà e di imporre la propria presenza. La traccia sonora emessa svanisce in fretta, tuttavia ha il vantaggio di aver un carattere imperativo ed immediato.

Nello stesso modo in cui il bambino si diverte con i suoni prodotti, s’interessa anche a ciò che si può chiamare “cicaleccio grafico”, cioè l’espressione ludica e disordinata del gesto manuale.

La traccia grafica al contrario di quella sonora si conserva più a lungo nel tempo ma ha sicuramente un’efficacia comunicativa di minor rilevanza. Gli adulti, infatti, non rispondono agli scarabocchi con la stessa immediatezza (salvo che non sia espressa sui muri!!) con cui rispondono ai vocalizzi del bambino e l’attività grafica diventa allora un gioco personale del bambino, il cui significato sociale è rimandato nel tempo. Il piccolo artista è affascinato dal suo scarabocchiare disordinato e lo pratica senza esigenze rappresentative ma solo per la voglia di dire a se stesso e al mondo io ci sono! Bisognerà attendere ancora qualche mese per assecondare la nostra curiosità tipicamente adulta di trovare una connessione tra il segno grafico e la rappresentazione della realtà. Questa arriverà per caso anche per il bambino, che in seguito all’analisi delle sue tracce riuscirà a trovare una qualche somiglianza con un oggetto o una persona a lui conosciuta. Fino allora ci basti osservare la gioia strettamente legata all’atto creativo, che pervade il piccolo artista mentre disegna. Una gioia e una spensieratezza che presto purtroppo andranno perdute, e che artisti amati e apprezzati nel mondo ricercheranno in tutta la loro carriera. “Tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi” […] “A dodici anni dipingevo come Raffaello, però ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino.” (Pablo Picasso)

Anche la frase scritta in un articolo da Paul Klee nel 1920 ammiratore e sostenitore dell’arte infantile, come arte pura senza costrizioni e pregiudizi: “L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è” si può ben adattare agli scarabocchi dei nostri bambini.

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La creatività nell’arte infantile

Lo sviluppo della capacità artistica segue di pari passo lo sviluppo generale del bambino, e per fortuna non è riconducibile a nessuna di quelle strategiche tabelle di crescita con le quali dobbiamo confrontarci da neo mamme, che ci fanno tanto sospirare se in qualche rapporto i nostri bimbi non corrispondono al percentile suggerito. Per scoprire come sia possibile che un bambino dapprima scarabocchi, poi disegni o scriva occorre tenere presenti alcuni concetti come la motricità, la percezione, la lateralità, lo spazio, la funzione simbolica, il linguaggio, tutti elementi che concorrono alla strutturazione dell’abilità espressiva grafica. Condizione indispensabile per raggiungere un’adeguata capacità nel muovere la mano con la matita sul foglio è la maturazione del sistema nervoso che presenta tappe ben definite in età non altrettanto precise. Ciò significa che nei bambini lo sviluppo di certe abilità può avvenire precocemente, mentre altre possono ritardare. Almeno qui care mamme, non mettiamo a confronto i bambini. Ognuno arriverà a parlarci dei propri sogni quando sentirà che è in grado lui stesso di capire cosa e come dircelo…non forziamo le loro manine, costringendoli a segni per loro precoci magari guidandoli o correggendoli…sarebbe come parlare al posto loro. Che ne sappiamo noi dei loro sogni? Già facciamo fatica a rispettare i nostri. So che viene quasi naturale, abbiamo sempre la parola pronta o l’intenzione di correggere perché tutto nella loro vita vada nel verso giusto e magari la strada sia già appianata. Ma nell’arte davvero, dov’è il giusto e dov’è sbagliato? I bambini disegnano quello che sanno delle cose, filtrano il mondo attorno a loro e si soffermano sugli elementi che per loro hanno un vero interesse dato dalla curiosità, dalla componente emotiva o affettiva. Tutto il resto lo tralasciano. E perché poi dovrebbero interessarsene? Se la mia mamma ha gli occhi più belli del mondo, io la disegnerò con occhi enormi, non m’interessa se ha le gambe corte. Se il mio papà è sempre pronto a proteggermi, io lo disegnerò con le braccia grandi non m’interessa se sembra che stia volando…queste sono interpretazioni date dall’analisi di tanti disegni e dall’ascolto dei bambini indubbiamente già più grandicelli (attorno ai tre anni). Non hanno per tutti lo stesso valore rappresentativo…ma che importanza ha? Abbiamo già la fotografia che può immortalare la vita reale visibile a tutti. Ma il mondo dei sogni, quello è dipinto da ognuno con i colori che vede, con le forme che sente…non impossessiamocene troppo presto. Lasciamo ai bambini ancora tanto tempo per essere liberi.

disegnare bambino piccolo

 

 

La maturazione del sistema nervoso in relazione all’abilità grafica

Il disegno, costituisce a ogni tappa dell’evoluzione delle facoltà intellettuali, percettive e motorie, un giusto compromesso tra le sue intenzioni narrative e i suoi mezzi d’espressione.

Solo a titolo esemplificativo, senza però creare falsi schemi di evoluzione grafica ci appoggiamo a quello che è lo sviluppo psicomotorio nella progressione della coordinazione dei movimenti distinguendo alcuni livelli principali:

Livello motorio (fino i venti mesi)

Nei primi mesi il controllo motorio è ancora molto limitato mentre la carica d’energia e di entusiasmo è grande.

Il primo gesto grafico del bambino può essere descritto come un gesto oscillante provocato dalla flessione dell’avambraccio, con il pugno tenuto dritto. La linea tracciata si avvicina allo scrivente, venendo da destra verso sinistra (per chi fa uso della mano destra). I tracciati sul foglio sono così omolaterali, cioè se sono eseguiti con la mano destra vanno a collocarsi sulla destra del foglio, a sinistra se il bambino usa la sinistra.

Tendono ad essere centrifughi, cioè partono dal punto più vicino al soggetto che disegna e si allontanano, sia a destra sia a sinistra. Le linee curve possono essere a direzione positiva, cioè in senso antiorario, o negativa, cioè in senso orario. La scelta non è casuale, poiché è legata al tipo di strutturazione cerebrale, e rimarrà tale fino ai tre anni circa. Solo alla fine di questo periodo, di solito, il bambino è in grado di eseguire veri cerchi completi.

Il bambino dispone allora del tratto orizzontale e del tratto verticale e può dare ai circoli una configurazione regolare.

In questa fase del suo scarabocchiare il bambino non controlla ancora né il punto di partenza né il punto d’arrivo del tratto.

Livello percettivo (dai venti ai trenta mesi)

Si distingue una prima fase nella quale il bambino adatta progressivamente il suo gesto manuale allo spazio grafico a disposizione,

”prima il fanciullo che disegnava un tratto lasciava andare il movimento fino al suo termine, cioè fino al momento in cui il braccio si mette in una posizione scomoda che induce al movimento inverso; sola eccezione, poteva accadere che il gesto fosse interrotto, prima del suo apogeo, dai limiti del foglio. Il fanciullo impara ora a fermare volontariamente il suo gesto, e da qui deriveranno linee più corte, trattini, riccioletti, che si sostituiscono alle grandi linee e ai grandi ovuli dello stadio precedente.” (D. Widlocher, 1980)

 

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Questa tecnica del tratto spezzato è arricchita dalla capacità di realizzare un movimento sul posto: non soltanto il bambino può frazionare il suo gesto, ma gli diventa possibile ricominciare dal punto di partenza per aggiungere al tratto precedente un tratto parallelo o sovrapposto. Prima l’occhio segue la mano che scrive, poi la guida e la porta dove vuole lui regolandone anche la velocità (ecco perché è così difficile, ma tanto utile, per un bambino piccolo colorare immagini prestampate restando nei bordi).

Livello della rappresentazione (dai trenta ai quarantotto mesi)

E’ il momento nel quale il bambino è capace di far convergere l’espressione grafica con quell’orale; quando cioè accompagna il disegno con descrizioni ad alta voce. Di solito questa fase coincide con l’acquisita capacità di eseguire linee spezzate; situazione che permette la realizzazione, su uno stesso foglio, di più oggetti distinti e individuabili.

Dalla rappresentazione d’elementi semplici affiancati nasceranno poi gli oggetti più complessi. Inoltre dopo queste fasi inizia, abitualmente intorno ai 4-5 anni, la differenziazione tra forme non figurative, che andranno a costituire la scrittura, e gli oggetti figurati, che saranno la base del futuro disegno.

Finché nel bambino non inizierà la fase dell’intento rappresentativo, che per certi aspetti è quella che desta nell’adulto maggior curiosità, possiamo vedere la fase degli scarabocchi nel senso inteso da Paul Klee quando sostiene che “la linea è un punto che è andato a fare una passeggiata”. C’è ancora un’infinità di strade da conoscere e da intraprendere. I nostri bimbi sono solo all’inizio del loro cammino…andiamo!

disegno infantile bambino disegnare

“Mamma qui ci sono tutti i miei disegni?” (indicando scatole e cartelline.)

“Si quasi tutti… ”

“Ma non il “primissimissimo”, vero?”

“Eh no quello te lo sei mangiato…”

“Mamma!!! ma come ho fatto a mangiarlo??

“Amore…chiedilo a papà!”

 

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Sono il disegno di un bambino, lasciatemi parlare!

Caterina Odelli

Caterina Odelli

Caterina Odelli è l’autrice della nuova rubrica “Piccoli artisti”. Ha studiato Lettere con indirizzo Storico Artistico, e attualmente è in formazione come Arteterapeuta. Ha passato troppi anni dietro una scrivania come impiegata in una grande azienda, ma finalmente può dedicare anima e corpo alle sue passioni e ai suoi sogni. E’ una pittrice. Gli studi e l’esperienza in vari laboratori con i bambini, hanno continuato a mantenere vivo il suo interesse per il disegno infantile, da valorizzare non solo come gioco, come linguaggio intimo tra bambino e genitore, ma anche come vere e proprie opere d’arte. Mamma di una timida principessa che frequenta la scuola primaria e di un paperino pasticcione che vive tutto con entusiasmo, compreso la scuola materna. Insieme con loro e altri bimbi promuove la libera espressione grafica, lontana dagli stereotipi e dal già noto, affinché scoprano un nuovo punto di osservazione delle cose, e lo interpretino con i propri mezzi. Elemento determinante è il divertimento, giocare con i colori e le forme così come le nostre emozioni li associano. Non c’è nulla che deve essere descritto se non comunicare al mondo chi siamo e cosa sogniamo.

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