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Risultati per " lavoro agile "

«Con lo smart working sono rientrata al lavoro prima dalla maternità»

«Con lo smart working sono rientrata al lavoro prima dalla maternità»

Moca Interactive è un'agenzia di web marketing di Treviso e fa parte di quelle aziende piccole ma non piccolissime (una ventina di dipendenti) che hanno deciso di puntare sullo smart working. 'Cavie' sono due dipendenti: una è Elisa Sisto, 35 anni, Ceo strategist. Smart worker da un anno, Elisa lavora due giorni a settimana da casa sua a Sacile, che dista da Treviso 45 chilometri e 40 minuti: i calcoli di tempo di vita e di carburante risparmiati son presto fatti. Elisa è anche una neomamma: l'inizio della sua avventura come lavoratrice agile è coinciso con il suo rientro dalla maternità. Ecco la sua esperienza.

Da Valentino a Ferrero: gli ultimi grandi nomi che investono nel lavoro agile

Da Valentino a Ferrero: gli ultimi grandi nomi che investono nel lavoro agile

È chiaro che aziende più strutturate hanno più possibilità di sperimentare sia modalità alternative nell’organizzazione del lavoro, sia opportunità di welfare interno. Per quanto riguarda lo smart working, lo confermano le indagini che abbiamo consultato in questi mesi, a partire dai report del Politecnico di Milano del 2016 e del 2017: le grandi aziende fanno quasi a gara per introdurlo, le Pmi si dimostrano ancora un po’ scettiche.

Smart working in Italia ci sono (timidi) passi in avanti

Smart working in Italia ci sono (timidi) passi in avanti

La buona notizia è che lo smart working in Italia cresce. La cattiva notizia è che il 47% delle Piccole e medie imprese sono disinteressate, quando non informate, a sperimentarlo. Ed essendo le Pmi lo scheletro del settore produttivo del Paese, questo è un dato da non sottovalutare. È tuttavia ottimista l'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, autore dell'annuale indagine sulla diffusione del lavoro agile divulgata l'11 ottobre: complice la legge approvata in primavera, la direttiva specifica per la Pubblica amministrazione emanata poco dopo e, in generale, una maggiore informazione e voglia di sperimentazione, nel 2017 gli smart worker in Italia sono l'8% dei lavoratori subordinati, pari a 305mila unità. Un incoraggiante +3% rispetto allo scorso anno.

Sono una smart worker e non tornerei più indietro

Sono una smart worker e non tornerei più indietro

«I colleghi mi chiamano 'l'eterna viaggiatrice', perché ho sempre con me un trolley con i fascicoli che devo esaminare», dice ridendo Antonella Balì, smart worker da 4 anni nell'ufficio Previdenza e stipendi della scuola a carattere statale della Provincia autonoma di Trento. Antonella è una dei 51 lavoratori agili del progetto TelePat, l'iniziativa pluripremiata - di cui abbiamo già parlato - che consente a oltre 400 dipendenti dell'ente pubblico di svolgere il proprio impiego in forme alternative alla presenza fissa in ufficio. Le abbiamo chiesto com'è essere una smart worker.

Smart working nella pubblica amministrazione: scommessa difficile

Smart working nella pubblica amministrazione: scommessa difficile

Anche la Pubblica amministrazione può prevedere il lavoro agile? Ne è convinta la ministra Marianna Madia, che ha inserito un articolo specifico nella riforma della Pa e, quando lo smart working è diventato legge, ha emanato una direttiva che ha l’obiettivo, in tre anni, di rendere “agili” almeno il 10% dei dipendenti pubblici che lo richiedano. Per riuscirci, anche la Pa deve cambiare mentalità: meno attenzione alle procedure e più orientamento ai risultati. E in questo senso, è indubbio che rispetto al settore privato parta svantaggiata. Svantaggio aumentato, ci spiegano i sindacati, dal fatto che da almeno 10 anni le assunzioni sono bloccate. Eppure, come vedremo, ci sono già degli esempi positivi.

Se un dipendente vuole provare lo smart working…

Se un dipendente vuole provare lo smart working…

«Rispettare la strumentazione aziendale e gestire bene il proprio tempo»: secondo Roberto Sartore, consulente del lavoro, è questa la regola base che un dipendente deve dimostrare di saper seguire per poter proporre al proprio capo lo smart working. Modalità di lavoro, ne è convinto, riuscirà a diffondersi perché «ci sono dei settori che hanno tutto da guadagnare da questa forma di flessibilità».

Lo smart working richiede un cambio di mentalità

Lo smart working richiede un cambio di mentalità

L’Italia, e il Veneto, sono pronti per il lavoro agile? Se lo è chiesto la Fondazione Ca’ Foscari, l’ente strumentale dell’università di Venezia, che ha affidato l’indagine alla ricercatrice Ida Gasparetto. Cinque mesi fra studio della proposta di legge, che nel frattempo a maggio è stata approvata, e interviste in dodici aziende del territorio hanno dipinto questo quadro della (ex?) locomotiva del Nordest: lo smart working è più facilmente applicabile nelle grandi aziende, perché per le piccole e medie imprese serve un cambiamento culturale. Oltre che un accompagnamento, magari organizzato dalle istituzioni.

Lo smart working in cinque punti

Lo smart working in cinque punti

La coincidenza è felice: la legge sullo smart working, approvata dal Senato il 10 maggio, dovrebbe essere pubblicata in Gazzetta ufficiale proprio in questi giorni, in cui si tiene a Milano la Settimana del lavoro agile. Finalmente c'è un quadro normativo di riferimento che potrà consentire di superare molti dubbi sia da parte dei datori di lavoro che dei dipendenti, e veder decollare questo strumento che nasce - scrive il legislatore - con lo scopo di «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro», tema molto caro a Kid Pass.

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