Paolo Fizzarotti intervista Vanessa Gravina, la Contessa Adelaide di Sant’Erasmo nella serie tv Il Paradiso delle Signore
C’è chi la ama, c’è chi invece la odia. Tutti comunque ammirano il suo carattere, la sua determinazione e la capacità di essere donna emancipata e libera in anticipo sui tempi. Ecco, possiamo dire che la contessa Adelaide di Sant’Erasmo, una dei protagonisti della serie TV Il Paradiso delle signore, è sicuramente la contessa più ammirata d’Italia. Ad interpretarla è Vanessa Gravina, attrice bellissima e con un curriculum spropositato fra teatro, cinema e televisione. Il Direttore Paolo Fizzarotti l’ha intervistata per Kid Pass Magazine.
Kid Pass Magazine è un giornale per famiglie.
Non ho figli, anche se mi sarebbe piaciuto averne. Da giovane ho dovuto fare delle scelte per tenere fede al mio percorso artistico, anche all’estero. Poi avrei voluto, ma ormai era tardi. Come si sa esistono delle pratiche per ovviare a questo problema, ma non ho voluto forzare la mano. Diciamo che è andata così.
Quindi i bambini le piacciono?
Adoro i bambini.
E lei che bambina è stata?
Ero una bambina molto educata: come mia natura, non solo perché me lo hanno insegnato i miei genitori. Sapevo stare con i miei coetanei e anche in compagnia degli adulti. Ecco, non mi piace quando vedo bambini lasciati a briglia sciolta, che fanno il diavolo a quattro anche dove non si può. Il bambino non è stupido, è un individuo pensante: secondo me è in grado di capire quando si può scatenare, per esempio al parco giochi con gli amici, e quando invece deve cercare di stare composto. Si impara da piccoli a saper stare in mezzo agli altri.
Com’è Vanessa Gravina quando non ha il look tirato a lucido di Adelaide? Quando è a casa in pantofole?
Tendo ad essere molto gattara. Mi piace la compagnia dei gatti domestici. Non sono una grande cuoca, ma mi piace cucinare il risotto per gli amici. La mia specialità è il risotto alla milanese, che mi viene davvero buonissimo. Tutto merito del dado, una marca speciale che non rivelerò mai, neppure sotto tortura, e di un ingrediente altrettanto segreto che mi sono inventata io.
Il Paradiso delle Signore è un prodotto di grande successo.
Si, il pubblico del Paradiso è molto trasversale per età, genere, ceto sociale, dislocazione geografica. Molti ci guardano in diretta su Rai Uno, ma la maggior parte del nostro pubblico è su Rai Play. Più di due milioni di persone al giorno si collegano al sito per guardare le puntate. All’estero il dato è incalcolabile: si tratta di una serie venduta in oltre 80 Paesi nel mondo.
Perché avete successo?
Il Paradiso racconta di valori e dell’universo femminile italiano a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, alle soglie della rivoluzione del ’68. Dopo anni di Piovre e Gomorre, in cui sembrava che in TV non si potesse parlare altro che di criminalità organizzata, il pubblico femminile riscopre la sua storia: una faccia dell’Italia che è stata una realtà e che ci ha plasmato. Le conquiste del mondo femminile sono iniziate in quegli anni. Il culto del lavoro, fatto anche per 12 ore al giorno non solo per guadagnare ma anche per realizzarsi. La base sicura della famiglia che proteggeva. Un quadro di valori di riferimento, la solidarietà di classe. Oggi, purtroppo, spesso mi sembra invece che siamo tutti dei cani sciolti, soprattutto i più giovani: anime sole lasciate allo sbaraglio in un marasma in continuo movimento che non lascia punti di appoggio. Questo secondo me è uno dei motivi per cui piace il Paradiso delle Signore: c’è anche molta nostalgia per quel mondo.
Il mondo che descrivete oggi sembra finto.
Perché non ci sono parolacce, per esempio? Io non posso ricordarlo perché non ero ancora nata, ma chi c’era mi racconta che le persone perbene non le usavano. Abbiamo dovuto rapportarci con quei tempi, ricostruirli con chiarezza. Creare un personaggio che oggi possa essere amato dall’80enne e dalla 15enne che non sa come si doveva comportare una nobile milanese degli anni ’60. Missione compiuta: la sceneggiatura è solida e ci amano anche i ragazzi più giovani
Lo dice l’Auditel?
Non solo. C’è un sacco di gente che mi scrive. Uomini di 60 anni e più; politici, dirigenti, negozianti, artigiani. Gente con tre lauree. Tutti hanno in comune una sorta di dipendenza dal Paradiso. I più anziani mi dicono che la nostra fiction gli ricorda sceneggiati di anni fa come Il segno del comando. Il Paradiso delle Signore è una fiaba ben raccontata, che riporta fedelmente un’epoca che gli adulti hanno vissuto e che ricordano con genuina commozione. Allo stesso tempo i più giovani scoprono la loro storia di quell’epoca: dove le donne votavano da pochissimo, non c’era il divorzio e l’aborto non era una possibilità ma un reato. Non hanno conosciuto quell’Italia, e la scoprono con noi.
Ama il suo personaggio?
Adelaide è over, iper, è fuori dal tempo, ma proprio per questo non è databile. Non è indietro di 300 anni rispetto agli anni ’60: è avanti di 200. Eppure si sposta solo tra casa e il circolo: fa una vita da internata, se non consideriamo qualche puntata a Rapallo. Ma conosce tutto del mondo e della vita. E’ modernissima, esilarante, tosta. Spacca il capello in quattro, è di uno snobismo indescrivibile eppure ha un’enorme capacità di comprensione umana dettata da una solitudine estrema. Ha un padre ex gerarca, vive ingabbiata in una famiglia nobile da 600 anni. E’ un personaggio struggente ma capace di un sarcasmo esilarante: con tre parole mette in riga chiunque. E’ favolosa. E’ una donna solissima capace di rapportarsi con chiunque con una facilità estrema e con ironia. Entrare nei suoi panni, nella sua mente e nel suo cuore, è un’impresa ogni giorno.
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