Dai banchi di scuola alle sale d’ospedale, con il potere curativo delle parole e dell’immaginazione.
Paola Volpi è scrittrice e volontaria oncologica presso l’associazione “Per La Donna” all’Ospedale San Martino di Genova. Con il suo operato contribuisce ad alleviare la condizione delle donne che affrontano una diagnosi di tumore al seno. Attraverso i suoi libri, sia in versi che in prosa, non solo condivide la sua personale esperienza con la malattia, ma dà voce a tante altre donne e bambini che vivono il medesimo dramma. Nei suoi anni di lavoro come insegnante e volontaria infatti, Paola ha incontrato anche diversi bambini, scoprendo il potere che l’immaginazione e le storie, raccontate in un certo modo, possono avere nel far tornare il sorriso e la luce nei loro occhi.
Cos’è un volontario oncologico? Tu come ti definisci?
Sono una donna come tante che, dopo un’esperienza di cancro al seno, ha deciso di restituire in chiave personale, la sua attitudine alla reciprocità ed alla cura. Un volontario oncologico è una persona che ha deciso di sostenere e di aiutare le pazienti oncologiche, condividendone le problematiche, indirizzando la Speranza verso l’obiettivo della guarigione, aiutandole ad affrontare nel contempo la frustrazione e la paura.
Cosa ti ha spinto a diventare volontaria oncologica?
In realtà io sono stata contattata dal Primario di chirurgia plastica-ricostruttiva, dell’ospedale nel quale sono stata curata, il San Martino di Genova, al fine di coinvolgermi in un’esperienza di volontariato, presso la breast unit. Mi sono presa un po’ di tempo per pensarci, poi ho deciso di fare questa esperienza. In fondo in qualità di insegnante, ho sempre avuto attitudine all’aiuto ed alla cura.
Che cosa fai, nello specifico, come volontaria oncologica dell’associazione Per la donna?
Nell’ambito dell’Associazione PerLaDonna ETS, ricopro il ruolo di responsabile alle relazioni esterne; mi occupo di stabilire i contatti fra le pazienti ed il reparto, mi relaziono con le istituzioni, con la stampa, con altre associazioni. Partecipo attivamente a convegni e congressi, gestisco eventuali donazioni, riversando sul reparto le dotazioni necessarie (borse per i drenaggi, cuscini per sostenere le braccia etc.). Tengo i contatti con molte pazienti, organizzando eventi, incontri e mercatini. Partecipo agli eventi realizzati dalla struttura ospedaliera. Gestisco la pagina Fb. Settimanalmente trascorro la giornata presso la stanza di ascolto, per accogliere le donne che hanno preso appuntamento per prenotare gratuitamente la parrucca. E’ un modo anche questo per rassicurare, nella condivisione; la parrucca è essa stessa parte della cura e dona grande sollievo alle persone sottoposte a terapia oncologica.
Paola Volpi, seconda da sinistra nella foto, con pazienti e volontarie dell’Associazione Per La Donna ETS
Perché è importante parlare di estetica in oncologia?
L’aspetto estetico, in oncologia, ha valenza molto forte ed ha quindi una grande importanza. Il fenomeno della perdita dei capelli, correlato alla forte invasività delle cure chemioterapiche, pone le donne in uno stato di profonda frustrazione e di ansia; un cambiamento così repentino e palese del proprio aspetto fisico è uno choc che non tutte sono in grado di affrontare da sole. La nostra presenza è fondamentale, in quanto tutte le volontarie hanno, nel proprio vissuto, un’esperienza oncologica e sono quindi in grado di rassicurare e sostenere le persone. Anche un abbraccio, in questo particolare contesto, diventa cura.
Le donne che incontri in ospedale sono spesso anche mamme: come si possono aiutare le famiglie con bambini che vivono un simile sconvolgimento?
Purtroppo il cancro colpisce donne sempre più giovani. Ne deriva che molte di esse sono madri di bimbi, spesso anche molto piccoli. Alcune perdono il lavoro alla notizia della propria patologia, altre restano sole, abbandonate da mariti o compagni. Noi cerchiamo di dare loro tutti gli strumenti, emotivi e non, per potercela fare: il sostegno affettivo, l’ascolto, l’empatia, la reciprocità, sono comunque utili per sollevare da un profondo stato di paura. Il loro primo pensiero è come fare a gestire questa nuova realtà con i figli, per non allertarli troppo; in questo contesto, la richiesta della parrucca, diviene una delle priorità.
Nel tuo percorso ospedaliero hai conosciuto anche molti bambini ammalati in cura all’ospedale pediatrico Gaslini.
Quando ho fatto la radioterapia, condividevo i miei pomeriggi in attesa dei trattamenti, con molti bambini provenienti dal Gaslini, che raggiungevano la struttura, tutti insieme, con un pulmino. L’acceleratore lineare dell’Ist infatti, era allora il più idoneo a trattare il neuroblastoma. Testoline glabre, cucite, colorito pallido, sguardo vuoto di gioco e di sogni, erano tutti così i piccoli pazienti. Non dimenticherò mai la fierezza dei loro genitori nel supportarli e l’atmosfera silenziosa e surreale di quel momento. Poi, bastava che raccontassi loro le quotidiane vicissitudini del mio criceto Albino, con la sua casetta dal tetto blu, che gli sguardi si rianimavano, rivolti nuovamente verso l’alto ed il sorriso tornava a rianimare il loro viso. E’ proprio lì, in quel momento, che ho pensato che anche questi sfortunati bambini dovessero avere dei personaggi che li rappresentassero. Il dolore di questi bambini è rimasto con me, anche a distanza di molto tempo, così come gli abbracci dei loro genitori.
Sono oltre 1400 i bambini colpiti da cancro ogni anno in Italia. La WHO Global Childhood Cancer Initiative si propone di eliminare il dolore e la sofferenza dei bambini che combattono il cancro, migliorando i piani di cura e l’assistenza per bambini e adolescenti entro il 2030. Secondo te è un obiettivo raggiungibile?
Dopo ciò di cui sono stata personalmente testimone, non credo che sia possibile eliminare il dolore. Il dolore, in questa particolare e delicata situazione di vita, fa capolino ogni qualvolta si profili un momento di incertezza. Il dolore psicologico attanaglia l’anima ed il corpo: i bambini percepiscono l’angoscia dei loro genitori e la condividono di riflesso. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, ritengo che le cure attuate siano qualitativamente ottime, ma io vivo nella regione nella quale si trova il Gaslini!
Quanto è importante per il percorso di guarigione di bambini e adulti ricevere assistenza psicologica oltre alla terapia farmacologica?
Forse l’anello debole della catena è proprio quello legato al supporto psicologico. Le strutture ospedaliere, in generale, non sempre hanno pianificato in modo esteso, un percorso individualizzato di cura e di assistenza. Anche le parole sono cura. In questo caso credo che la nostra opera di volontarie sia estremamente utile ed efficace. Le Donne entrano nella nostra stanza di ascolto piene di angoscia e quando escono ti abbracciano e sorridono sollevate; in fondo noi siamo state pioniere del loro percorso. Questa per me, è la parte più bella del mio lavoro in ospedale.
Nei libri “Il tempo del Melograno” e “La fatica delle donne”, hai raccontato la tua personale lotta contro la malattia e non solo. Possiamo dire che l’attività di scrittura, al pari della tua attività di volontariato, è in sé un percorso terapeutico?
Io in realtà mi sento “una scrittrice d’emergenza”. Di fronte ad un dolore così potente, sono ricorsa all’utilizzo di tutti gli strumenti acquisiti nel tempo, che erano in mio possesso. Mi sono rifugiata nella bellezza, per sfuggire alla disperazione, con l’intento di non soccombere supinamente al male. Nel momento in cui consegni il tuo dolore e la tua angoscia ad un foglio di carta bianca, realizzi che esso è più distante da te. Solo in un secondo tempo ho pensato di poterlo condividere. “Il tempo del melograno” ha vinto numerosi premi letterari ed il ricavato dalla sua vendita, è stato donato al Reparto di Senologia dell’Ist di Genova.
E adesso stai scrivendo un libro di racconti per bambini
Spero a breve di riuscire a concludere la serie delle favole; ho creato dei personaggi vicini al mondo dei bambini, ognuno di essi ha una “criticità”, chiamiamola così, sia di tipo fisico, che di tipo esistenziale. Saltella Arzilla ad esempio è una piccola oca che convive con un’ala fratturata, il leoncino del circo perde il suo mantello, quando il suo piccolo compagno di giochi si ammala, e così via. Ho cercato di dare dignità a questi meravigliosi e coraggiosi bambini, che meritano davvero tutta la nostra stima, tutto il nostro rispetto.
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