Un’indagine globale fra oltre 25mila lavoratori afferma che scegliere dove svolgere il proprio incarico determina l’efficienza in cui lo si porta a termine.
Un sondaggio globale su oltre 25mila lavoratori identifica nella flessibilità il requisito primario per lavoratori più produttivi e, di conseguenza, aziende più competitive. Lo ha commissionato Polycom, azienda statunitense leader nella fornitura di soluzioni tecnologiche per garantire la comunicazione e la collaborazione interne alle aziende. Anche se promossa da una realtà privata, questa indagine ha prodotto risultati molto interessanti per la serie di approfondimenti che stiamo conducendo sullo smart working. Il dato più emblematico è che il 98% degli intervistati afferma che lavorare in remoto ha un impatto positivo sulla produttività.
Un campione globale
L’indagine commissionata da Polycom è stata condotta da Morar Consulting e resa nota questa primavera. Sono stati intervistati 25.234 lavoratori di dodici paesi, molti dei quali con già una solida tradizione di flessibilità e welfare aziendale: Stati Uniti, Canada, Brasile, Giappone, Inghilterra, India, Singapore, Germania, Russia, Francia, Australia e Cina. Il 55% degli intervistati ha il titolo di manager o più alto ancora. Il 58% di coloro che sono stati intervistati sono responsabili in qualche ambito, e il 68% di loro sono genitori. Data la natura del committente, sono state fatte domande specifiche di valutazione delle forme di interazione consentite dalle tecnologie video.
“Dove“ si lavora determina il “come“
Poter scegliere dove svolgere il proprio incarico, e poter fare affidamento su tecnologie che rendono la comunicazione coi colleghi semplice e immediata, dà al lavoratore la serenità di, semplicemente, lavorare meglio. Anche se i risultati dell’indagine commissionata da Polycom differiscono fra Paese e Paese, è proprio il binomio flessibilità-produttività una delle tendenze comuni. Come detto, il 98% degli intervistati afferma che un approccio flessibile al lavoro aumenta la produttività, perché garantisce un migliore equilibrio fra sfera professionale e sfera privata dando al lavoratore gli strumenti per essere più “felice“ e, quindi, più efficiente. Il ruolo determinante delle tecnologie si vede anche dalla “diaspora“ che è, ormai, una realtà consolidata: i due terzi degli intervistati hanno colleghi basati in altri uffici o città.
I millennial sono smart worker naturali
I millennial, cioè la generazione dei nati fra i primi anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, sono lavoratori nati flessibili, ma con le paure del lavoratore tradizionale. Ecco che il 66% di loro sottolinea la preoccupazione di non essere percepiti come lavoratori a pieno regime quando non si è in ufficio. Questo timore, diffuso a livello globale, è condiviso anche dal 62% di tutti gli intervistati. Anche in questa indagine, quindi, si conferma la necessità di un cambio di mentalità “dall’alto“: manager, cioè, in grado di pianificare e valutare il lavoro dei sottoposti per obiettivi e risultati, e non per la “quantità“ di presenza in ufficio.
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