Crescere davanti a uno schermo, gli effetti dei media digitali sul cervello dei giovanissimi
Le tecnologie digitali sono sempre più parte integrante della nostra vita, lo erano prima dell’emergenza legata al Covid-19 e lo sono ancora di più oggi. Per approfondire questa importante tematica, inauguriamo la nostra nuova rubrica #figlidigital, con la recensione di un documentario molto coinvolgente e a tratti inquietante. Noi lo abbiamo guardato con immedesimazione, interesse e anche emozione. Cinquanta minuti per conoscere, riflettere e se necessario, prendere provvedimenti per una dieta detox digitale!
Crescere davanti a uno schermo, per la regia di Raphaël Hitier, documenta l’effetto della tecnologia sul cervello dei più giovani, dai primissimi mesi di vita all’adolescenza.
Grazie alle ultime ricerche nel campo delle neuroscienze, della psicologia, della psichiatria infantile, il documentario racconta le più recenti scoperte scientifiche internazionali, relative alla sovraesposizione agli schermi di bambini e adolescenti.
La nuova barriera tra genitori e bambini
Tv, smartphone, tablet, pc: la tecnologia digitale negli ultimi dieci anni ha stravolto la nostra routine. In particolare, gli schermi si insinuano nella vita dei bambini già a partire dai 4 mesi.
Studi di psicologia infantile sul campo, con pazienti che presentavano sintomi preoccupanti, come disturbi di interazione, intolleranza alle frustrazioni, disturbi del sonno, ritardo nel linguaggio, hanno evidenziato come questi bambini fossero sovraesposti, già dalla tenerissima età, a bombardamento sensoriale intenso da video.
Gli studi hanno rilevato come i dispositivi digitali offerti ai bambini sospendano in una sorta di limbo la vita di tutta la famiglia. Lo schermo si frappone, letteralmente e fisicamente, tra figlio e genitori, interrompendo gravemente le relazioni familiari e rallentando lo sviluppo cognitivo dei piccoli.
Bulimia da video per gli adolescenti
I nostri figli adolescenti si abbuffano con dosi eccessive di Fortnite, Youtube, Instagram, Tik Tok…
A tal punto che la dipendenza dai videogiochi è entrata ufficialmente nella lista delle nuove malattie certificate dall’OMS.
Se da un lato questa nuova consapevolezza rende più identificabile la cura, dall’altro è un campanello d’allarme sulla gravità del fenomeno, soprattutto tra i più giovani.
I sintomi facilmente riconoscibili sono ansia, rabbia, svogliatezza fino all’apatia, anoressia e dissonnia.
Il documentario ci porta in Cina, dove da ben dieci anni questa dipendenza è considerata una piaga sociale, un problema per la salute pubblica, tanto che è stato indetto una sorta di coprifuoco digitale: i giocatori con età inferiore ai diciotto anni non possono accedere ai videogiochi in una fascia oraria compresa tra le ore 22 e le 08 e non possono comunque giocare per più di un’ora e mezza. Commovente la testimonianza di un bambino, rinchiuso in una sorta di collegio per il detox digitale.
È stato studiato anche come il nostro cervello si approcci ai social network e quale sia il meccanismo che porta alla dipendenza.
Sembrerebbe che i social network siano una sorta di piccoli piaceri quotidiani. Centinaia o migliaia di pseudo amici aumentano la nostra autostima e ogni giorno ci regalano (con poca fatica) piccoli godimenti attraverso like, commenti e condivisioni. Attraverso una risonanza magnetica cerebrale uno studioso americano ha studiato questo meccanismo: come accade per i meccanismi di dipendenza, il sistema di ricompensa è coinvolto.
Dalla risonanza è infatti possibile osservare la piccola regione centrale del nostro cervello che si attiva quando ci sono sensazioni di piacere. Ad esempio, quando mangiamo qualcosa di molto buono, quando facciamo l’amore, oppure con l’utilizzo di droghe. Ma si attiva anche quando facciamo uso di social, in particolare nel momento in cui ci piovono addosso like.
Le buone notizie
Crescere davanti a uno schermo mostra anche le opportunità nascoste dietro un intenso uso di videogiochi: ad esempio, che i gamer degli sparatutto in prima persona (i videogiochi dove lo scopo è sparare a nemici che appaiono improvvisamente) sviluppano riflessi migliori rispetto ai non giocatori e addirittura una maggiore capacità di concentrazione a breve termine.
In questa direzione è stato ideato un nuovo videogioco per curare i deficit cognitivi: si tratta del primo videogioco medicina.
Media digitali. Condannati o assolti?
Ma allora, i media digitali sono buoni o cattivi? Le evidenze scientifiche dimostrano l’ambivalenza dei dispositivi digitali. Dipende da chi ne fa uso e per quanto tempo.
Ad alte dosi, gli schermi nuocciono allo sviluppo del bambino, per cui per principio di precauzione, prima dei tre anni è meglio che non vengano utilizzati.
Sopra i tre anni fino ai dieci, non più di un’ora mezza, e se possibile in compagnia di un adulto.
Per gli adolescenti gli studi sono ancora in corso, ma gli scienziati sono convinti che la dipendenza indebolisca ulteriormente i più sensibili e problematici, aggravando le loro difficoltà.
È l’abuso dei nuovi strumenti a rendere malati e dipendenti bambini e ragazzi (ma anche adulti), con effetti e conseguenze drammatiche, sia sulle capacità cognitive, che sui rapporti sociali. L’appello di tutti gli specialisti è quindi è alla moderazione, per far sì che la tecnologia non divori il nostro tempo libero e le nostre relazioni.
Crescere davanti a uno schermo (Francia, 2020)
Documentario – 52 minuti
Regia di Raphaël Hitier
Autori: Raphaël Hitier, Elena Sender
Produzione: ARTE France, Effervescence Doc, Palmyra Films
Disponibile gratuitamente in streaming, con sottotitoli in italiano dal 26 settembre al 1° dicembre su Arte in italiano.
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